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GESTIONE DEL PATRIMONIO IDRICO. Delibera Giunta Regionale 312/2023 L'Avvocato risponde 

GESTIONE DEL PATRIMONIO IDRICO. Delibera Giunta Regionale 312/2023

Ormai, in Italia, tutto è fonte di disaccordo!
Mai come in questa occasione la parola “fonte” è stata più appropriata, in quanto abbiamo l’intenzione di approfondire il problema legato alla gestione del patrimonio idrico pubblico, che è diventato terreno di scontro politico continuo.
Deve passare come fuori da ogni dubbio, il concetto che l’acqua deve essere considerato un bene comune a tutti e, come tale, deve essere gestito e tutelato nel migliore e più trasparente dei modi.
Ma noi troviamo modo di contrastare anche l’ovvio e, la gestione di qualunque potere, sollecita sempre il peggio della natura umana, anche quando si parla di beni comuni, indispensabili alla sopravvivenza della comunità. In uno studio di settore specifico dell’ISPRA, n. 323/2020, riferito alle risorse idriche nel contesto geologico del territorio nazionale, viene evidenziato come il settore agricolo utilizzi il 60% dell’intera richiesta d’acqua, quello energetico ed industriale circa il 25% ed, agli usi civili e domestici, rimane il restante 15%.
L’Italia risulta al primo posto in Europa ed al terzo nel mondo, dopo Stati Uniti e Canada, per il consumo pro capite: si spazia su una media di 250 litri al giorno.
Ma il dato ancora più preoccupante è quello relativo alle perdite delle reti di distribuzione, che pare si aggiri sulla soglia del 40% generale, sul reale consumo.
Ricordiamo che la nostra normativa generica, prevede che il compito di assicurare i servizi idrici in Italia è affidato ai Comuni che, per legge, debbono associarsi in strutture ottimali per l’ambito territoriale che rappresentano.
Non dimentichiamo mai che, la legge n. 16/2002 ha chiarito, per definizione, che tutte le acque superficiali e sotterranee, purché non estratte, sono di pubblico dominio.
Ovviamente, pur essendo una risorsa di tutti, per essere utilizzata l’acqua deve essere prelevata alla fonte, resa potabile, distribuita alla giusta pressione ed inviata ai depuratori.
Sono vari gli Enti che si occupano della tutela delle acque: primo fra tutti il “Ministero Ambientale Tutela Territorio e Mare”.
In riferimento a detta tutela, il primo passo fu avviato dalla legge Merli, n.19/1976, che per prima indicò direttive per consentire un razionale impiego, anche in riferimento alle acque reflue, indicando precisi valori limite da dover seguire.

Per maggiori informazioni è possibile richiedere la consulenza specifica dei legali dello Studio Legale Labonia.

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